“Il problema è che i giornali si erano convinti di porter fare pagare un dollaro e più per articolo”, spiega Jakob Nielsen
SAN FRANCISCO – Lo chiamano il Great Online Ad Slow Down, il grande rallentamento della pubblicità sul web. Per i giornali, che miravano proprio a questa entrata per monetizzare la loro presenza online, rappresenta un altro grattacapo nell’era della gratuità del contenuto distribuito su internet. Ma per fortuna loro qualcuno ha avuto la presenza di spirito di rilanciare l’idea dei micropagamenti. Di che si tratta? Sono pagamenti in decimi e centesimi che, per nulla proibitivi per l’internauta, quando vengono proiettati sull’economia di scala del web possono anche generare milioni di dollari di profitti. Lanciata alla fine degli anni Novanta da artisti che usavano il web per distribuire le loro creazioni e dagli afficionados dei MMORPG (massive multiplayer online role-playing game) che li utilizzano per comprare piccole applicazioni o oggetti di uso quotidiano nei mondi digitali nei quali si avventurano, quella dei micropagamenti è una pratica che adesso potrebbe restituire un valore a contenuti che vengono invece distribuiti gratuitamente.
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